venerdì 3 febbraio 2012

Strage di Castelvolturno, la rivolta dei ghanesi i video inediti delle devastazioni

E' il 19 settembre del 2008. La sera prima Giuseppe Setola e i suoi killer hanno massacrato a colpi di kalashnikov sei immigrati ghanesi all'esterno di una sartoria etnica sulla statale Domiziana al chilometro 43, al confine tra le province di Caserta e Napoli, nel territorio del comune di Castelvolturno. Quella mattina, mentre a Napoli si festeggia il Santo Patrono San Gennaro, scoppia la rabbia degli immigrati ghanesi, molti dei quali amici dei sei extracomunitari massacrati. 
I quattro video che il blog Dovere di cronaca pubblica sono inediti, e raccontano la lunga marcia di protesta sulla Statale Domiziana iniziata dagli immigrati intorno a mezzogiorno con l'obiettivo di raggiungere il centro di Castelvolturno, distante quindici chilometri. Saranno quattro ore di devastazioni, tra cartelli stradali divelti, cassonetti dati alle fiamme, semafori distrutti, con la polizia e le altre forze dell'ordine che preferiscono seguire da lontano la marcia per paura di intervenire e di creare ulteriori disordini. I residenti italiani osservano sorpresi e intimoriti dalle finestre, i commercianti abbassano le saracinesche, quei pochi che passano vengono minacciati ma nessuno subisce violenza. E' una rabbia istintiva quella degli immigrati ghanesi, che nasce dalla difficoltà di integrarsi in un territorio esteso per quasi venti chilometri lungo la statale Domiziana, governato dalla camorra e dalla mafia nigeriana mentre lo Stato ha solo degli avamposti, come nel lontano "west" americano. I ghanesi, lavoratori ma quasi tutti irregolari, ce l'hanno con le istituzioni che li hanno abbandonati, e non vogliono passare per spacciatori alla stregua dei nigeriani. Alcune voci dopo la strage parlavano di un regolamento di conti per questioni di droga, ma il processo a carico di Setola e compagni accerterà che le vittime erano solo degli innocenti che ogni sera si incontravano all'esterno della sartoria etnica per stare in compagnia. Ancora oggi Castelvolturno, con oltre 10mila immigrati clandestini, molti dei quali impiegati in nero, è una polveriera pronta ad esplodere, dimenticata dallo Stato e dalla politica: un territorio già devastato dal punto di vista ambientale che probabilmente non si riprenderà mai.

Antonio Pisani e Marilù Musto


Nessun commento:

Posta un commento