martedì 2 ottobre 2012

Tribunale di Napoli Nord, per la nuova sede spunta l'ipotesi ex Texas di Aversa

Il Tribunale di Napoli Nord nell’area ex Texas di Aversa. Al momento è solo un’ipotesi sussurrata a voce bassa dagli avvocati casertani, rafforzata però da una certezza: nessuna sede - tra quelle indicate nel Decreto Legislativo 155 del Governo, ovvero Giugliano e Marano - è stata scelta, e da qualche settimana il senatore aversano del Pdl Pasquale Giuliano, ex magistrato, sta attuando un autentico forcing verso il Ministero di Grazia e Giustizia per portate proprio ad Aversa il nuovo Tribunale che dovrebbe avere
Pasquale Giuliano
un bacino di utenza di quasi un milione di persone residenti tra i comuni dell’hinterland nord del napoletano e i 19 dell’Agro-aversano facenti parte della provincia di Caserta. Si parla ufficialmente del Castello Aragonese di Aversa, attuale sede della Scuola di formazione della Polizia Penitenziaria e di proprietà del Ministero di Grazie e Giustizia; ma soprattutto si lavora, sotto traccia, per l’area ex Texas, ampia più del doppio con i suoi 52mila metri quadrati tra stabilimento e terreno, e di proprietà di una delle aziende di famiglia (la Esseci Immobiliare) del presidente della Provincia di Napoli Luigi Cesaro, esponente di spicco del Pdl campano. 

Il mega-affare della famiglia Cesaro. L’area, secondo il pentito dei Casalesi Gaetano Vassallo, sarebbe stata acquistata dalla famiglia Cesaro solo dopo il benestare del clan di Francesco Bidognetti. Quel che è certo è che Aniello
Luigi Cesaro
Cesaro, fratello di Luigi, la compra nel 2004 da Ilario Ferruccio Floresta, in quel momento deputato di Forza Italia; una cessione - preceduta da almeno due preliminari d’acquisto, il primo nell’agosto del 2002 – che si perfeziona, paradossalmente, proprio nel periodo in cui i finanzieri del Comando Provinciale di Caserta depositano una dettagliata informativa al pm della Procura di Santa Maria Capua Vetere Matilde Brancaccio, ipotizzando una mega-speculazione edilizia proprio ai danni dell’area industriale che la multinazionale americana Texas Instruments aveva lasciato nel 1998 e sul cui rilancio produttivo lo Stato aveva investito, senza alcun risultato, oltre venti miliardi di lire. 


I sospetti della Guardia di Finanza. E’ il 12 luglio 2004: i militari scrivono di “imprenditori locali, i quali, create allo scopo tre società immobiliari (Iminvest srl, Industrial Progetti srl, Esseci Immobiliare srl), da quanto emerso, sembrerebbero interessati all’area in quanto futura area commerciale e non certo industriale”. Gli imprenditori locali sono Giovanni Spezzaferri, aversano, ed Aniello Cesaro, costruttore di Sant’Antimo: a loro sono riconducibili le tre società citate nell’informativa, create in appena un mese, tra l’aprile e il maggio del 2003. I sospetti dei finanzieri, su cui la Procura sammaritana
Ilario Ferruccio Floresta
ha indagato senza approdare a nulla, trovano conferma nei progetti di riqualificazione dell’ex Texas presentati dal 2004 in poi da Cesaro, che non contemplano, in alcun modo, un rilancio industriale dell'area, nonostante il preciso vincolo delle norme urbanistiche: l’ultimo, datato 2011, prevede abitazioni per i non abbienti ma anche locali commerciali e uffici. Negli anni il sito è stato indicato anche come sede della Facoltà di Ingegneria 
della Sun (Seconda Università degli Studi di Napoli); tra l’altro, nei pressi dell’entrata è stata realizzata la fermata della Metro Regionale. Che si sia trattato di una manovra speculativa lo rivelano poi tanti elementi emersi nell’indagine. Il prezzo pagato dall’imprenditore napoletano, poco più di tre milioni di euro, e la circostanza che lo stesso Floresta, nel maggio del 1999, avesse acquistato l’area da sé stesso pagandola ad un prezzo di gran lunga superiore, 18 miliardi di lire. Era infatti presidente del Cda della Unicom spa, società proprietaria del terreno e dello stabilimento, e del Cda della Yorik di Bologna, la società immobiliare acquirente; in una situazione, dunque, di palese conflitto di interessi, così come Sergio Vicari, ex manager di vertice della Texas Instruments, in quel momento amministratore delegato della Unicom e azionista e membro del cda della Yorik. I vari passaggi della compravendita furono seguiti dallo studio bolognese del commercialista Piero Gnudi, attuale ministro dello Sport nel Governo Monti, presso cui la Yorik era stata creata. 
 
La grande truffa ai danni dei lavoratori. I finanzieri ricostruiscono il passaggio di danaro avvenuto in poche ore il giorno 11 maggio del 1999, quando la cessione dell’area si perfeziona, scoprendo che i soldi sono usciti dalla porta per rientrare dalla finestra. In ballo ci sono anche i fondi statali messi a disposizione per il rilancio del sito: il sospetto, mai accertato, è che parte delle risorse pubbliche siano servite proprio per finanziare la compravendita dell'area. L’Unicom Spa delibera, causa “eccesso di liquidità”, un finanziamento di 25 miliardi di lire alla Telit di Trieste – azienda di Tlc proprietaria della Unicom – che a sua volta ne invia oltre 21, senza alcuna giustificazione, alla Yorik, che nello stesso giorno ne gira 18 alla Unicom per acquistare l’area. Nel trasferimento si perdono almeno sette miliardi che nessuno sa dire che fine abbiano fatto; la vendita di terreno e stabilimento, inoltre, costruito dall’ente pubblico Isveimer nel lontano 1967, doveva essere

Lo stabilimento ex Texas di Aversa
approvata dal Ministero delle Attività Produttive, a cui però, scoprono i finanzieri, non fu mai chiesta alcuna autorizzazione. E' l’area dunque a fare gola, scoprono i finanzieri, non lo stabilimento con i 370 dipendenti e i macchinari lasciato in eredità dalla Texas Instruments; tra il 1998 e il 2002, documentano, nonostante i fondi statali, i tre imprenditori che vengono ad Aversa con l’obiettivo di rilanciarne produzione e occupazione, il triestino Massimo Zanzi con la sua Telit, l’industriale di Udine Loreto Fulchir con la Finmek e l’irpino Massimo Pugliese con la Ixfin, depauperano costantemente dei macchinari lo stabilimento aversano, per il quale intanto pagano l’affitto alla Yorik di Floresta e Vicari, senza incrementare l’occupazione; e così ad inizio 2002 l’ex Texas viene abbandonata, e i lavoratori e quei pochi macchinari rimasti, trasferiti all’ex Olivetti di Marcianise. Lo Stato intanto continua a credere nei progetti di rilancio affidati ora a Pugliese; stanzia 15 milioni di euro per la fantomatica auto del futuro, o per la domotica. Anche Marcianise farà la stessa fine di Aversa, certificata dal fallimento della Ixfin nel giugno 2006. Tra meno di un mese dovrebbe arrivare a sentenza il processo in corso al Tribunale di Roma che vede imputati per truffa ai danni dello Stato Zanzi, Fulchir e i manager che si succedettero ad Aversa. Ma intanto il cerchio sulla mega-speculazione dell’ex Texas potrebbe chiudersi prima, con l’approdo del Tribunale di Napoli Nord. 

Marilù Musto e Antonio Pisani

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